Ville a schiera nella collina torinese

La collina torinese è, tradizionalmente occupata da grandi ville con parco recintato con alti muri.

Negli anni ’60 per rispondere alla domanda di abitazioni di dimensioni e costi più accessibili sono stati costruiti, nelle aree ancora libere, complessi di abitazioni plurifamiliari anche di grandi dimensioni: edifici spesso a più piani che costituiscono una forte violenza all’ambiente.

Richiesto di risolvere un tema di questo tipo ho scelto la strada dell’inserimento “organico” che disponendosi sull’andamento altimetrico del terreno commenta ed esalta la morfologia naturale senza competere con gli insediamenti classicheggianti circostanti.

Le immagini di riferimento possono essere le serre o le limonaie delle case padronali collocate per consuetudine ai margini del giardino disegnato, verso il bosco ceduo.
La tipologia scelta per il complesso è una contaminazione tra la casa unifamiliare, con il suo verde e la sua privacy e l’abitazione collettiva con servizi centralizzati, (impianti, accessi, garages): morfologicamente si può riferire alla tipologia inglese “a schiera”.
Il complesso ha la forma di due archi di corona circolare, e comprende due edifici ciascuno con quattro abitazioni.

Tale divisione non corrisponde rigorosamente ad una divisione tra spazio collettivo e privato,infatti sia a livello dei garages che a quello del giardino si hanno percorsi e zone di sosta comuni.
Anche all’interno la divisione tra gli spazi è flessibile. La scala che collega i tre piani dell’abitazione, connette spazi di soggiorno aperti e comunicanti.

L’ingresso, che avviene ad un livello leggermente più alto del soggiorno principale, sottolinea la sequenza verticale aprendo la vista ai piani superiori.
Le “facciate” tra i setti sono interamente vetrate e si aprono sul giardino, che si collega al parco circostante e permette la vista, più lontana, della città.
Si sono lasciate in evidenza l’eterogeneità dei materiali, i punti di giunzione, i collegamenti, con l’intenzione di fornire un’immagine di struttura principale sulla quale le finiture sono applicate e assemblate in modo casuale.

I setti tra le abitazioni (in blocchi di cemento) sono portanti e si protendono a delimitare una zona esterna privata. Le “tamponature” trai setti sono prefabbricate in tubolare metallico.

Negli scomparti così determinati si possono collocare indifferentemente pannelli in lamiera grecata o serramenti in legno.
La struttura metallica sostiene pure dei piccoli tetti protettivi che formano spazi riparati esterni.

Le coperture sono in lastre di zinco.
I comportamenti a cui si riferiscono le tipologie di queste abitazioni sono assai tradizionali e pertanto può risultare anche tradizionale l’aspetto architettonico dell’opera nel suo complesso.
Ma credo che i tentativi di “salvezze” effettuate con forzature funzionali gratuite o con fantasiose invenzioni formali finiscono spesso per degenerare in elucubrazioni astratte prive di senso.
Ho preferito attenermi ad una semplice risposta al luogo e alla committenza, quasi riducendo il peso dell’intervento ad una rilettura concettuale di elementi noti.

Progettisti:

Arch. Pietro Derossi

con Arch. Giorgio Ceretti

anni

1967

Stato

Progettazione, realizzazione